22 maggio 2009

Tempo...




C’è un tempo che è nel tempo, che fa la storia, la crea, la arricchisce, la plasma a suo piacimento.

E’ il tempo barbuto, sopra le nuvole, distante eppure sempre incalzante nelle nostre vite.

E’ tempo lineare, ordinario, irrefuggibile, tangibile nelle rughe di vite vissute, che ci ricorda che siamo atomi ed attimi, solo piccole metafore che corrono in contro ad una fine annunciata già prima che nascesse il mondo.

E c’è poi un tempo nel tempo, che non è tempo ma che testimonia tutta la forza poetica di sogni ed emozioni.

E’ il tempo dell’altro e dell’altrove, delle cose piccole ma sconvolgenti, delle cose apparentemente senza senso.

E’ senza colore, eppure emana tutti i sette colori dell’iride nelle esistenze di chi ne ha scoperto fattezze e stranezze.

E’ questo il tempo di Proust(ricercato e mai trovato) quello di Nietzsche(eterno, ridondante, apparente uguale, ma mai ciclico, ne oridinario ne lineare), il tempo del caro vecchio Zeno e della sua coscienza che è scienza antica e magica.

E’ Freud quando ripercorre i meandri dell’oscuro segreto remoto insito in noi, che non ha tempo, non è nel tempo, eppure agisce a tempo.

E’ il paradosso di Benjamin Button, e della ricerca del senso ultimo.

Un bacio, l’ultimo, dato al bimbo in fasce che è la storia del mondo, fatta di tempo, eppure senza tempo.


E’ il tempo della creazione, dello scoppio iniziale, connessione fra ciò che è tempo, ciò che è prima di essere pensato e ciò che tempo diventa, il pensiero in atto.

I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La memoria, nell'affievolirsi, li allenta; e, nonostante l'illusione di cui vorremmo essere le vittime, e con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L'uomo è l'essere che non può uscire da sé, che non conosce gli altri se non in se medesimo, e che, se dice il contrario, mente sapendo di mentire...

Concepire il tempo, concepirlo in maniera gli uni differente dagli altri, è il primo vizio di forma che ci distingue, che ci rende unici ed irripetibili. Sia nell’impiegarlo, che nel costruirlo, ognuno di noi determina esistenze e passioni in funzioni di esso. C’è chi lo brucia, chi ne è travolto, chi lo rende unico, chi lo vive in maniera inconsapevole, ma c’è ,esiste, fa parte del nostro essere appartenti ad un cosmo senza inizio e senza fine…

Con la magia dei sensi, non c’è bisogno di parole, non ci sono porte da aprire, è un attimo e l’ebbrezza ti trascina via e lei era proprio bella...

Vi diranno che avete un tempo limitato, che dovrete soffrire per guadagnarvelo, che si muore, giovani o vecchi. Ma non è così, è tutta una grande bugia, una gabbia di Nylon che rende visibile ciò che realmente è, senza porò permettervi di toccarlo. Non sentitevi in una di quelle sfere che racchiudono uomini e paesaggi, che fermano gli attimi, e che se capovolte, sentite il freddo e c’è la neve. C’è un tempo che non è tempo, ma che è dentro ognuno di voi. Uscite per le strade, non c’è tempo, e dite che il tempo è ritornato, e rimarrete immortali, sconfiggerete ciò che vogliono voi siate, fermerete il tempo, il vostro tempo, che non è tempo, ma parla del tempo. C’è chi il tempo lo ha insito nel sangue, e ne percorre emozioni e conclusioni anche dopo aver cessato di essere cuore, ma forse non spirito. Ed è il vostro tempo, se sarete veri, e saprete rendere straordinaria la vostra vita.

Siate tempo e il tempo sarà in voi….

12 maggio 2009

Deserto...



Incubi e passioni.

Solitari nelle notti di sabbia e nebbia, nel tentativo di urlare con voce vuota.

Lupi che ululano in deserti purissimi.

Si è soli per scelta, si è soli perché anche quando sei con te stesso, con la tua anima, c’è già troppo rumore, ed il deserto è silenzio ed ammirazione, paura e riflessione; ma..chi sa amarsi non è mai veramente solo, neppure con se stesso.

Si è soli per necessità, per bisogno, ma anche per contrarietà, per troppo amore, infelicità o semplicemente perché capaci di starsene soli con se stessi, senza aver paura di confrontarsi col proprio spirito.

Il deserto è tentazione, pietra che diventa cibo, rischio e vita nascosta. E’ poesia, rosa inaspettata, tempesta di sapere, oasi di conoscenza, miraggio di Verità. Le dune si trasformano con il vento ma il deserto rimane sempre uguale

Siediti, questa è la solitudine, un non-luogo, emisfero della mente dove cresce la coscienza, rimedio alla pazzia…- forse proprio follia.

Siamo infelici perchè non riesciamo a rimanere da solo in una stanza, in silenzio, nel meraviglioso idillio della trasposizione mentale.

Ed allora siediti, siediti su una duna di sabbia. Non si vede nulla, non si sente nulla..tuttavia qualcosa risplende nel silenzio…

Nessuno nel deserto ha paura di morire. Non è una cosa eroica. È il deserto. Il deserto che consuma l'uomo come il fuoco consuma un albero.

Sulle sabbie del deserto come sulle acque degli oceani non è possibile soggiornare, mettere radici, abitare, vivere stabilmente. Nel deserto come nell'oceano bisogna continuamente muoversi, e così lasciare che il vento, il vero padrone di queste immensità, cancelli ogni traccia del nostro passaggio, renda di nuovo le distese d'acqua o di sabbia, vergini e inviolate.

Si poi davvero soli..? Forse si… nei momenti cruciali, negli attimi di vita intensa, nelle verità estreme, con i propri dolori e con le gioie pure.

In tutto realmente si è soli, dal primo gemito al trapasso, ma un cielo color cobalto, sopra le nuvole, in giorno di pioggia..ci farà rincontrare…

10 maggio 2009

Paura...

Brividi, crepe, mistero, agonia, destini… paradigmi irrisolti;

buio, solitudine, Amore e Morte, passato e futuro, esorcismo.

La paura è fatta di tutto ed è fatta di niente; è vuoto e tenebra, maschera ed immaginazione…

Che colore ha la paura? …il giallo di Agata Christie e Edgar Allan Poe, il nero di Stephen King, il rosso di Dario Argento.

La paura non ha storia, anche se è presente nella storia di ogni arte, perché è insita in ogni essere, senza tempo né memoria.

E che odore ha la paura? ..di sangue e violenza in Arancia Mecca, del sudore di un allucinato Jack Nicolson in Shining, dell’olio e della tela in Munch ed il suo urlo.

Tutto questo è la paura nell’arte e nell’ingegno degli uomini che ne hanno scritto, cantato, pensato e colorato i tratti e gli stati d’animo dei nostri meandri più reconditi.

Si pensi a quella angosciosa di Alfred Hictchoc in “Uccelli”, fobia allo stato puro.

Si pensi agli horror show di Marilyn Manson o Ozzy Hosbourne…

C’è chi della paura ha fatto una vera e propria ossessione psicologica. Edgar Allan Poe è maestro fine ed introspettivo, genio incupito, raro scrittore che dall’odore delle pagine ingiallite emana terrore.

Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte…gli incubi più famosi, quelli di Freddy Kruger, alias Nightmare, hanno sconvolto generazioni di bambini, svegli la notte, col lumino acceso per tenersi compagnia..ma dai sogni non si sfugge, neppure con la luce del giorno…

La paura è poesia, con le cinque maledizioni, inno alla lotta eterna fra Bacco e Mefisto:


…voglio perseguire i miei nemici da morto,

scavare l’ossario per trovare l’orto.

Mia dolce dama, raggiungimi all’inferno

e del tuo sangue berremo in eterno

Ebrezza causata da ingente vino,

in lande romane dal sapor divino.

L’uomo…laggiù, qualcosa vuol dirci

le ninfali vesti ci attraggono per rapirci.

Diamoci alla follia, scacciamo Euripide,

che’ l’uomo converta i dogmi e sia felice.

Il rettile striscia e il leone divora

in deserti di rose senza dimora.

Piccolo burattino, amico fraterno,

saremo maledetto in eterno?

Sulle mie spalle un compito gravoso

mentre il cosmo mi scruta sospettoso.

Apri la mente, socchiudi gli occhi

Così da ignorare la danza dei marmocchi.

Siamo in gabbia, c’hanno rinchiusi,

le nostre essenze in schemi ottusi.


E adesso immaginate di essere soli, chiudete gli occhi…accendete solo una candela, e sentitevi in uno dei posti più significativi della storia dell’arte: prendete un bel respiro ed annusate l’aria che vi circonda: siete ad Oslo, città fredda e misteriosa, chiusi ermeticamente in una piccola stanza. Avete solo un modo per scorgere appena ciò che vi circonda. Una voce, fuori campo vi sussurra: “Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto. Sul fiordo neroazzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura”. Accendete adesso…è l’Urlo di Munch, esperienza totalizzante, da perdere il fiato…paura che entra dentro le vene, mettondosi in circolo senza volerlo…

C’è tenzione nell’aria, viole e clavincebali suonano da una romania perduta ed esoterica. Una piuma intinta nell’inchiostra. E’ Braham Stoker, leggenda dei saggi dalla Transivania..creatore di uno dei libri più ben congegnati degli ultimi 200 anni. Come per la Shelley in Frankenstain, Il conte Vlad è opera di un creatore onnisciente, Braham Stoker; è paura progressiva, un rincorrersi di emozioni, sentimenti fiabeschi ma che penetrano realmente nel collo, con denti aguzi, sguardi di Fuoco….