22 dicembre 2009

Buon Natale...



Buon Natale a quelli che il Natale non lo festeggeranno, perché sono tristi, perché hanno perso la persona cara, o semplicemente perché non ci credono.
Buon Natale chi non avrà un bel piatto di lenticchie fumanti,i genitori al proprio canto, un’intera famiglia e gli amici con cui condividere; a chi è cinico e quindi “il Natale non serve”; ai criticoni del consumismo a quelli che “il Natale quando arriva arriva”;
Buon Natale a coloro che la società chiama diversi: grazie a loro un giorno non saremo una massa informe, ma gente che pensa e non critica..o meglio, è critico pensante…
Buon Natale alla terza età: a quella al caldo, con la pensione maggiorata per fare il regalo ai nipoti, ma soprattutto a chi è nelle case di cura o negli ospizi a guardare ed aspettare alla finestra nevicante un amore o un figlio che non arriva mai;
Buon Natale ai poveri, quelli sconosciuti, quelli reali, che nel nostro paese aumentano sempre più; a chi in qualsiasi mese non può permettersi le cene galanti, le prime visoni sul digitale, il cinema e i regali; a chi si alza la mattina alle 4 per fare il pane; a chi dopo un ‘ora va in campagna e dopo due costruisce le case da dove comodamente io scrivo e voi leggete;
Buon Natale ai venditori ambulanti, a chi si guadagna il pane soffrendo perché la vita non gli ha dato la fortuna(o sfortuna) di aver una scrivania o un leggio, le mail, facebook e messanger, ma a casa ha 4 bocche da sfamare e lo fa con dignità.
Buon natale ai coerenti, a quelli che così “ho iniziato e così devo finire” ai perbenisti ai criticoni e ai moralisti: in fondo c’è un cielo ed un natale per tutti noi.
Buon natale a chi è in ospedale, a chi stapperà un flebo al posto del Gancia, a chi passeggerà fumando di nascosto e alla fine getterà via cicca come un petardo;
Buon natale a chi è fuori per lavoro, a chi riceverà gli mms col roaming, ma non sarà lo stesso perché la campagna con gli amici il trentun dicembre ha qualcosa di magico;
Buon natale a chi domani non si alzerà forzatamente, perché ha dato l’ultimo esame o “la scuola è finita”; a chi non ha perso il lavoro e manderà 200 curriculum inutile che “tanto si sa come vanno queste cose, se non sei raccomandato puoi scrivere una Treccani, ma nada!”
Buon Natale a chi non può fare i regali perché è al verde e allora si siederà a farne uno proprio che non costa nulla ma vale più di uno stupido Alviero Martini.
Buon natale chi domani andrà dal direttore di banca a ricontrattare un mutuo che gli ha “costretto una vita; a chi ha la macchina da pagare, l’università da mantenere, i figli da educare;
Buon natale a chi ha qualcosa da dire e non si vergogna di farlo, perché se auguri buon Natale lo fai solo col cuore e le cose dette col cuore possono sembrare ridicole, ma sarà grazie a questa gente che cambieremo il mondo…..

17 dicembre 2009



...ogni tanto è utile scarabocchiare se stessi non delle cose sovrabbondanti o visibili, ma di quelle fondamentali e sentite.

Niente non vuol dire vuoto, o nulla, anzi!.

Il niente è un mondo complesso, articolato, non catalogabile, forse incategorizzabile, di cui si parla a briglia sciolta, ma che in realtà si avverte quando si è soli, in una stanza; - e già la tua stessa compagnia fa rumore.

Il niente è quel linguaggio che hai dentro, ogni santa notte; una vocina instancabile che ti mette di fronte le immagini della vita e dei cammini possibili.

Il niente è una vertigine assoluta, che se vi cadi non risali più: non perché non vuoi, ma perché si fa talmente amare che, cadendo, si impara a volare anche se poi non riesci ad atterrare.

Si è soli con ciò che sia ama e se lo si ama perdutamente, nonostante la miseria delle nostre vite, nonostante ciò che la realtà ti ruba, nonostante i sogni finiti in quel niente, che non è niente, ma forse non è neanche tutto.

E quando ti diranno: “Tirati su, non è niente!”, tu sorriderai, perché non lo avevi chiesto che non lo fosse; perché in fondo volevi volare, anche quando sembravi incazzato e non ne volevi parlare, quando sembravi triste ed invece stavi solo riposando le tue ali; quando ti raccomanderanno i tuoi vizi che invece per te erano bisogni, quando crederanno di averti inglobato in due frasi e invece ti sentivi un libro dentro, da sfogliare a caso; quando nel loro linguaggio eri speciale e invece non lo volevi essere, quando in fondo, è solo ascoltando quella vocina che poi alla fine trovi il coraggio finalmente di parlarti e di dirti tutto ciò che d’importante c’è da dire...

11 dicembre 2009



Sognavo d’un uomo qualche notte fa, lontana non so quanto.
E così irruppi nella sua stanza, avvolta in un denso calore, nonostante fuori imperasse l’inverno.

E lo vidi, quasi spiandolo, attento a non fare il minimo rumore..lo vidi chino su una seggiola di legno. Stava seduto sui vimini vecchi, come le rughe che avevano segnato il suo volto; attorno alla sua bocca, appena sotto la barba, due righe di pelle camuffata, segno dei tempi ma anche di una vita allegra, passata a sorridere ed amare.
Mi avvinai, quasi strisciando, l’ombra delle mie leve proiettata su un muro rosso come la fioca luce della candela che lo guardava.
Alzò gli occhi, mi guardò intensamente, eppure il suo sguardo mi attraversò e si perse lontano. Sulla destra un bicchiere, la fata verde, sulla altra il tabacco ormai consumato, come la carta che lo avvolgeva, che emanava un odore di ciliegio e ne riempiva l’aria, ormai satura.
Svuotato il bicchiere prese in mano lo scalpellino, da terra un pezzo di pietra, ed iniziò ad intagliarla, con cura.
Il suo volto assunse una espressione strana, sembrava assorto eppure cosciente; le sue mani, sporche e consumate dalla fatica e dall’amore per la scultura erano tutt’uno con il masso che prendeva vita. Tagliò due occhi stupendi; boccoli come d’un Dio Greco scesero su un volto immacolato ed incredibilmente bello. Un collo lungo e perfetto e dietro le spalle due ali, bianche come la neve che si poggia sui sentieri dicembrini.
Passarono le ore, eppure non me accorsi, estasiato da come quell’uomo provasse un amore essenziale, quasi non accorgendosi dei gesti naturali e delle forme che creava. Cadde a terra, sfinito: l’aveva amata troppo la sua opera e per Amore dell’arte a volte anche gli uomini grandi come i Giganti, con un occhio solo come i Ciclopi diventano bambini dal volto purpureo e dagli occhi ammiccanti.

Si inginocchiò di fronte a quell’angelo che l’”Essere-che-non-ha-tempo”, fornendosi del dono che aveva dato alle sua mani, gli aveva regalato, l’ultima opera d’un uomo che moriva di fronte a due ali bianche.
E una lacrima scese dal volto della pietra, segno che anche le rocce hanno un’ anima…

4 dicembre 2009

La mia terra è meravigliosa e disgraziata, un incubo dal quale ti svegli contento di esserci. E’ un paradosso infinito.

Per chi è lontano è tristezza e nostalgia del ritorno. Per chi rimane, una continua immagine in bianco e nero, irritante quanto basta per incazzarsi con se stessi…

E’ un triangolo chiuso agli sguardi indiscreti di chi ci osserva e non può capire; è un recinto fatto di mura piene di vetri di bottiglia rotti da dove non riesci a scappare.

Cinque milioni di volti pazienti, arsi dal sole, resi forti dal sudore e dalla passione, dagli itinerari e dalle dominazioni, sempre pronti ad accogliere lo straniera che di noi non capirà nulla, ma al quali supini chiediamo speranza.

Com'è difficile essere siciliani..!!!
Siamo uno stereotipo, un modello distorto per il resto del mondo.
Ma noi siciliani non siamo tutti uguali. I veri siciliani sudano, lavorano, ci credono, soffrono e rimangono legati a questa terra meravigliosa e disgraziata. I veri siciliani rimangono attaccati all'odore di agrume, fin quando non lo sentono tre metri sotto terra.
I veri siciliani amano e patiscono, sono mezzosangue e per questo cordiali col fratello straniero, sono frontiera di confine e civiltà, limite invalicabile per chi siciliano non è.
Siamo una parte di tutto ciò che abbiamo incontrato lungo la nostra straordinaria storia:
mezzi cattolici e mezzi musulmani; un pò Pirandello, ma anche Sciascia; siamo l'Etna ed il barocco, il buon vino rosso e la valle dei templi; Bufalino e Quasimodo, Falcone e Borsellino. Siamo migranti ed ospitali, emotivi e passionali, siamo "quando ci pare", ma anche "sempre con tutto il cuore"; siamo Mattarella e Pio La Torre; la povertà e la ricchezza d'animo; siamo Verga e Camilleri, Impastato e Don Puglisi.!

Per questo credo che la Sicilia sia una delle tante possibilità, una indescrivibile situazione esistenziale, un modo d'essere e di fare, oltre tutto e tutti, oltre il mediterraneo, fors’anche contro noi stessi….