22 dicembre 2009

Buon Natale...



Buon Natale a quelli che il Natale non lo festeggeranno, perché sono tristi, perché hanno perso la persona cara, o semplicemente perché non ci credono.
Buon Natale chi non avrà un bel piatto di lenticchie fumanti,i genitori al proprio canto, un’intera famiglia e gli amici con cui condividere; a chi è cinico e quindi “il Natale non serve”; ai criticoni del consumismo a quelli che “il Natale quando arriva arriva”;
Buon Natale a coloro che la società chiama diversi: grazie a loro un giorno non saremo una massa informe, ma gente che pensa e non critica..o meglio, è critico pensante…
Buon Natale alla terza età: a quella al caldo, con la pensione maggiorata per fare il regalo ai nipoti, ma soprattutto a chi è nelle case di cura o negli ospizi a guardare ed aspettare alla finestra nevicante un amore o un figlio che non arriva mai;
Buon Natale ai poveri, quelli sconosciuti, quelli reali, che nel nostro paese aumentano sempre più; a chi in qualsiasi mese non può permettersi le cene galanti, le prime visoni sul digitale, il cinema e i regali; a chi si alza la mattina alle 4 per fare il pane; a chi dopo un ‘ora va in campagna e dopo due costruisce le case da dove comodamente io scrivo e voi leggete;
Buon Natale ai venditori ambulanti, a chi si guadagna il pane soffrendo perché la vita non gli ha dato la fortuna(o sfortuna) di aver una scrivania o un leggio, le mail, facebook e messanger, ma a casa ha 4 bocche da sfamare e lo fa con dignità.
Buon natale ai coerenti, a quelli che così “ho iniziato e così devo finire” ai perbenisti ai criticoni e ai moralisti: in fondo c’è un cielo ed un natale per tutti noi.
Buon natale a chi è in ospedale, a chi stapperà un flebo al posto del Gancia, a chi passeggerà fumando di nascosto e alla fine getterà via cicca come un petardo;
Buon natale a chi è fuori per lavoro, a chi riceverà gli mms col roaming, ma non sarà lo stesso perché la campagna con gli amici il trentun dicembre ha qualcosa di magico;
Buon natale a chi domani non si alzerà forzatamente, perché ha dato l’ultimo esame o “la scuola è finita”; a chi non ha perso il lavoro e manderà 200 curriculum inutile che “tanto si sa come vanno queste cose, se non sei raccomandato puoi scrivere una Treccani, ma nada!”
Buon Natale a chi non può fare i regali perché è al verde e allora si siederà a farne uno proprio che non costa nulla ma vale più di uno stupido Alviero Martini.
Buon natale chi domani andrà dal direttore di banca a ricontrattare un mutuo che gli ha “costretto una vita; a chi ha la macchina da pagare, l’università da mantenere, i figli da educare;
Buon natale a chi ha qualcosa da dire e non si vergogna di farlo, perché se auguri buon Natale lo fai solo col cuore e le cose dette col cuore possono sembrare ridicole, ma sarà grazie a questa gente che cambieremo il mondo…..

17 dicembre 2009



...ogni tanto è utile scarabocchiare se stessi non delle cose sovrabbondanti o visibili, ma di quelle fondamentali e sentite.

Niente non vuol dire vuoto, o nulla, anzi!.

Il niente è un mondo complesso, articolato, non catalogabile, forse incategorizzabile, di cui si parla a briglia sciolta, ma che in realtà si avverte quando si è soli, in una stanza; - e già la tua stessa compagnia fa rumore.

Il niente è quel linguaggio che hai dentro, ogni santa notte; una vocina instancabile che ti mette di fronte le immagini della vita e dei cammini possibili.

Il niente è una vertigine assoluta, che se vi cadi non risali più: non perché non vuoi, ma perché si fa talmente amare che, cadendo, si impara a volare anche se poi non riesci ad atterrare.

Si è soli con ciò che sia ama e se lo si ama perdutamente, nonostante la miseria delle nostre vite, nonostante ciò che la realtà ti ruba, nonostante i sogni finiti in quel niente, che non è niente, ma forse non è neanche tutto.

E quando ti diranno: “Tirati su, non è niente!”, tu sorriderai, perché non lo avevi chiesto che non lo fosse; perché in fondo volevi volare, anche quando sembravi incazzato e non ne volevi parlare, quando sembravi triste ed invece stavi solo riposando le tue ali; quando ti raccomanderanno i tuoi vizi che invece per te erano bisogni, quando crederanno di averti inglobato in due frasi e invece ti sentivi un libro dentro, da sfogliare a caso; quando nel loro linguaggio eri speciale e invece non lo volevi essere, quando in fondo, è solo ascoltando quella vocina che poi alla fine trovi il coraggio finalmente di parlarti e di dirti tutto ciò che d’importante c’è da dire...

11 dicembre 2009



Sognavo d’un uomo qualche notte fa, lontana non so quanto.
E così irruppi nella sua stanza, avvolta in un denso calore, nonostante fuori imperasse l’inverno.

E lo vidi, quasi spiandolo, attento a non fare il minimo rumore..lo vidi chino su una seggiola di legno. Stava seduto sui vimini vecchi, come le rughe che avevano segnato il suo volto; attorno alla sua bocca, appena sotto la barba, due righe di pelle camuffata, segno dei tempi ma anche di una vita allegra, passata a sorridere ed amare.
Mi avvinai, quasi strisciando, l’ombra delle mie leve proiettata su un muro rosso come la fioca luce della candela che lo guardava.
Alzò gli occhi, mi guardò intensamente, eppure il suo sguardo mi attraversò e si perse lontano. Sulla destra un bicchiere, la fata verde, sulla altra il tabacco ormai consumato, come la carta che lo avvolgeva, che emanava un odore di ciliegio e ne riempiva l’aria, ormai satura.
Svuotato il bicchiere prese in mano lo scalpellino, da terra un pezzo di pietra, ed iniziò ad intagliarla, con cura.
Il suo volto assunse una espressione strana, sembrava assorto eppure cosciente; le sue mani, sporche e consumate dalla fatica e dall’amore per la scultura erano tutt’uno con il masso che prendeva vita. Tagliò due occhi stupendi; boccoli come d’un Dio Greco scesero su un volto immacolato ed incredibilmente bello. Un collo lungo e perfetto e dietro le spalle due ali, bianche come la neve che si poggia sui sentieri dicembrini.
Passarono le ore, eppure non me accorsi, estasiato da come quell’uomo provasse un amore essenziale, quasi non accorgendosi dei gesti naturali e delle forme che creava. Cadde a terra, sfinito: l’aveva amata troppo la sua opera e per Amore dell’arte a volte anche gli uomini grandi come i Giganti, con un occhio solo come i Ciclopi diventano bambini dal volto purpureo e dagli occhi ammiccanti.

Si inginocchiò di fronte a quell’angelo che l’”Essere-che-non-ha-tempo”, fornendosi del dono che aveva dato alle sua mani, gli aveva regalato, l’ultima opera d’un uomo che moriva di fronte a due ali bianche.
E una lacrima scese dal volto della pietra, segno che anche le rocce hanno un’ anima…

4 dicembre 2009

La mia terra è meravigliosa e disgraziata, un incubo dal quale ti svegli contento di esserci. E’ un paradosso infinito.

Per chi è lontano è tristezza e nostalgia del ritorno. Per chi rimane, una continua immagine in bianco e nero, irritante quanto basta per incazzarsi con se stessi…

E’ un triangolo chiuso agli sguardi indiscreti di chi ci osserva e non può capire; è un recinto fatto di mura piene di vetri di bottiglia rotti da dove non riesci a scappare.

Cinque milioni di volti pazienti, arsi dal sole, resi forti dal sudore e dalla passione, dagli itinerari e dalle dominazioni, sempre pronti ad accogliere lo straniera che di noi non capirà nulla, ma al quali supini chiediamo speranza.

Com'è difficile essere siciliani..!!!
Siamo uno stereotipo, un modello distorto per il resto del mondo.
Ma noi siciliani non siamo tutti uguali. I veri siciliani sudano, lavorano, ci credono, soffrono e rimangono legati a questa terra meravigliosa e disgraziata. I veri siciliani rimangono attaccati all'odore di agrume, fin quando non lo sentono tre metri sotto terra.
I veri siciliani amano e patiscono, sono mezzosangue e per questo cordiali col fratello straniero, sono frontiera di confine e civiltà, limite invalicabile per chi siciliano non è.
Siamo una parte di tutto ciò che abbiamo incontrato lungo la nostra straordinaria storia:
mezzi cattolici e mezzi musulmani; un pò Pirandello, ma anche Sciascia; siamo l'Etna ed il barocco, il buon vino rosso e la valle dei templi; Bufalino e Quasimodo, Falcone e Borsellino. Siamo migranti ed ospitali, emotivi e passionali, siamo "quando ci pare", ma anche "sempre con tutto il cuore"; siamo Mattarella e Pio La Torre; la povertà e la ricchezza d'animo; siamo Verga e Camilleri, Impastato e Don Puglisi.!

Per questo credo che la Sicilia sia una delle tante possibilità, una indescrivibile situazione esistenziale, un modo d'essere e di fare, oltre tutto e tutti, oltre il mediterraneo, fors’anche contro noi stessi….

20 novembre 2009



Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.
La vita è essenzialmente, mi diceva il mio prof di Filosofia, esercizio di morte. Quella che è stata dipinta come la bestia nera, come la cessazione di ogni attività fisiologica allora, mi chiesi io, non era poi così male?! Il solito frutto dei paradossi dei secoli.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.
Stando davanti al proprio io, l’unico vero interlocutore delle proprie intime conversazioni, lo specchio immentibile di ciò che non è apparenza, o che non può esserlo in eterno, vediamo ciò che saremo in un progressivo sgretolarsi del nostro corpo, contenitore che limita lo spazio della nostra anima

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi
non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Non credo che morire, o maledire le bare, oggetti che sostituiscono i corpi come involucro di ciò che spereremmo possa essere anchilosato prima nella cute, poi nel mogano cambi la sostanza delle cose. Ed ancora una volta è il sol levante, il nascere perituro del giorno, la coscienza orientale a salvare ciò che l’imbrunire ci ha consegnato come cessat, pianto, estinzione della specie. Se pensassimo che morire non è perire, ma lasciare un contenitore, un corpo, non faremmo della morte un tabù che è 500 volte superiore a quello del sesso o delle droghe. Quando capita di parlare di morte, fra le superstizioni medievali, e un diniego e gli sguardi come se fossi allo strenuo di una grande bestemmia a cuore aperto, ci si sente avvolti in grande alone di tristezza. Ci siamo mai chiesti il perché?
Tu sei un avvocato, un commercialista, uno studente, un dentista, un architetto, un esimio notaio, un operaio, un contadino o anche nulla. Questo ci fa paura della morte: il sapere di dover lasciare la bella villa che ci siamo costruiti col sudore del lavoro, della nostra professione, sfruttati e repressi 5 giorni su 7;, mentre i germogli crescono, le rondi si cibano, il sole infuoca; è l’antenna parabolica sulle nostre teste che non vogliamo lasciare, il sogno che ci immedesima con gli idioti del tubo catodico; è la borsa prada o le scarpe martini, la mercedes piuttosto che il nokia, nostra moglie e i figli. Questo ci terrorizza della morte: perdere ciò che abbiamo accumulato. Ma la vita è esercizio di morte.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Ma ricordati, quando sarò morto che: io ci sarò. Ci sarò su nell'aria. Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole.
Nel silenzio."

16 novembre 2009



Mi sono sforzato di crederci, di assaporarne le gioie infinite e la passione di Eros, gli scambi irregolari della Philia, le dolci carezze dell’Agape. Girai le spalle, lo derisi, corsi furioso, lo tradì, poi ritornai fra le sue braccia e la Pazzia mi colpì e caddi come corpo morto cade….

Non è univoco, ne chiudibile in schemi preconfezionati da surgelare per mantenerlo vivo; vive alimentando se stesso coll fuoco della passione, degli sguardi, della angoscia, mai banale né scontato.
E’ credere, alzarsi ogni mattina e guardare oltre l’orizzonte che ci sta davanti e ripeterci che oggi è un giorno buono per gioire, ma anche per inginocchiarsi da soli in una stanza buia e piangere.
E’ il suono delicato di un’ oboe nella foresta, fra gli stranieri che non parlano la tua lingua, eppure sento ciò che sei.
E’ il canto traboccante dell’organo d’un Chiesa spoglia, dolce desiderio di rugiada dei petali che accarezzano lo spirito.
È il volo del gabbiano, che calibra le ali con impercettibile movimento.
È il dolce cammino del granchio che erra e torna sui suoi passi.
E’ Luna calante che si specchia nell’oscura sfera celeste;
mentre tutto le ricorda il suo dolce amore inciso sulle stanche rughe della faccia nascosta.
Come il lieve vento del ricordo, che riveste di poesia le anime, dona ancora l’ultima fioca luce ai suonatori che persistono alla triste morte del meriggio.
E medita, ascolta, piange ed osserva i teneri amanti al cielo consacrati, e solo per loro, notte dopo notte, risale con fatica una scala fatta di stelle.

E migra in quella solitudine per andare incontro a chi ne ha bisogno.

5 novembre 2009


Fato, caso, Dio, dado, illusione, grande ironia o credenza. Il destino, parola usata ed abusata.

«Il carattere di un uomo è il suo destino» recitava Eraclito. O ancora: “Il destino è spesso una comoda giustificazione per illuderci che tutto quanto accade non dipende da noi, ma da una forza misteriosa capace di trasformare i sogni in realtà e le nostre azioni in un fallimento”.

“Il destino è il nome che gli stolti danno al disegno di Dio”, dicevano altri. In questo sta tutta la contrapposizione, il dualismo che la parola in se contiene.

E le domande con risposte illusorie, quali: siamo davvero liberi, o un’oscura mano tiene le file di questo grande teatro chiamato vita? Prima del nostro concepimento, è segnato tutto il percorso della nostra vita? Ci sono eventi, che possono modificare il corso della nostra storia personale?

La grande domanda che i fatalisti, coloro che asseriscono che un destino dietro le nostre azioni c’è, evitano di porsi è: se Dio, il fato, il destino, chiamiamolo come vogliamo, esiste, c’è, influisce sulle nostre vite, scrive anzitempo una storia di cui solo dopo saremo protagonisti, perché scrive il male nel mondo? Se Dio sa che un bimbo dovrà nascere malato, perché non previene o evita; così come per le guerre o le catastrofi?!

La semplice risposta “ci mette alla prova” suona strana e minimalista e riduttiva agli immanentisti, che in cuor loro nutrono un profondo scetticismo verso la visione non libera del nostro percorso.

Chiamatela come volete, credeteci o meno, ma c’è una piccola verità, che è data da un attimo, una scelta, o forse una coincidenza, è l’attimo esatto dello sliding doors, per il quale un solo millesimo di secondo basta a modificare o decidere se ci sarà una vita piuttosto che un'altra, una reazione al nichilismo o un tuffo verso l’altro. Cari amici, la verità è una, ma non è la sola:

Il destino ci affascina, ci intriga, incuriosisce, eccita.. ed è per questo, che ci crediate o no, che quando ogni mattina vi svegliate pensate che anche oggi ce l’avete fatta….

17 giugno 2009

Respiro


Uno specchio, un volto, forse due.

Un'intimità che sfiora la tragedia del riconoscersi.

Vedo, attraverso il vetro, non i miei occhi, ma i suoi;

gli occhi dell'altro-me-che-mi-osserva.

Sono già diverso da me stesso, anticonforme alla mia maschera.

Ho scelto di non somigliare, non essere uguale neppure all'altro me.

Nel mondo del pascolo, il gregge è lì a scrutare i tuoi passi,

a prevedere le tue mosse, ad imitare i tuoi gesti.

Bere allo stesso modo, foglia di tabacco accesa sulla mano destra,

un taglio di capelli, un cappello, lo stesso abito di tanti,

per dire che forse, in fondo non si è più soli:

avere(in somiglianza) più che essere, nei meravigliosi cavilli delle diversità.....

Mi giro, e vedo me, - ma non sono io.

E neppure un sosia mi pare, solo un manichino,

un soldatino di fango che indossa l'uniforme in una piccola guerra da modellino

.

Provo nervosamente a contare i respiri, anch'essi uguali nell'avvicendamento.

Mi innervosisce un po’:

Conto i respiri e quando vorrei smettere non posso;

il petto si amplifica più del dovuto, aumentano i toni asmatici, la paranoia del ripetuto;

è tutto così uguale, un'ansia continua e ciclica;

e più voglio non quantizzare, più mi invade il desiderio proibito di farlo,

come se perdessi un'occasione unica,

quasi sfuggisse anche un solo involontario respiro, mentre so che non posso permetterlo.

Meglio uscire, come tanti, come ogni giorno,

piuttosto che subire le angherie della tana,

che ho trasformato sempre più in una grotta per evitare i lupi.

Ma è nella solitudine, non fisica, ma pura,

che scopro che in realtà, l'altro te non c'è mai stato,

che lo specchio non esiste e che forse, non hai mai neppure iniziato a respirare....

22 maggio 2009

Tempo...




C’è un tempo che è nel tempo, che fa la storia, la crea, la arricchisce, la plasma a suo piacimento.

E’ il tempo barbuto, sopra le nuvole, distante eppure sempre incalzante nelle nostre vite.

E’ tempo lineare, ordinario, irrefuggibile, tangibile nelle rughe di vite vissute, che ci ricorda che siamo atomi ed attimi, solo piccole metafore che corrono in contro ad una fine annunciata già prima che nascesse il mondo.

E c’è poi un tempo nel tempo, che non è tempo ma che testimonia tutta la forza poetica di sogni ed emozioni.

E’ il tempo dell’altro e dell’altrove, delle cose piccole ma sconvolgenti, delle cose apparentemente senza senso.

E’ senza colore, eppure emana tutti i sette colori dell’iride nelle esistenze di chi ne ha scoperto fattezze e stranezze.

E’ questo il tempo di Proust(ricercato e mai trovato) quello di Nietzsche(eterno, ridondante, apparente uguale, ma mai ciclico, ne oridinario ne lineare), il tempo del caro vecchio Zeno e della sua coscienza che è scienza antica e magica.

E’ Freud quando ripercorre i meandri dell’oscuro segreto remoto insito in noi, che non ha tempo, non è nel tempo, eppure agisce a tempo.

E’ il paradosso di Benjamin Button, e della ricerca del senso ultimo.

Un bacio, l’ultimo, dato al bimbo in fasce che è la storia del mondo, fatta di tempo, eppure senza tempo.


E’ il tempo della creazione, dello scoppio iniziale, connessione fra ciò che è tempo, ciò che è prima di essere pensato e ciò che tempo diventa, il pensiero in atto.

I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La memoria, nell'affievolirsi, li allenta; e, nonostante l'illusione di cui vorremmo essere le vittime, e con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L'uomo è l'essere che non può uscire da sé, che non conosce gli altri se non in se medesimo, e che, se dice il contrario, mente sapendo di mentire...

Concepire il tempo, concepirlo in maniera gli uni differente dagli altri, è il primo vizio di forma che ci distingue, che ci rende unici ed irripetibili. Sia nell’impiegarlo, che nel costruirlo, ognuno di noi determina esistenze e passioni in funzioni di esso. C’è chi lo brucia, chi ne è travolto, chi lo rende unico, chi lo vive in maniera inconsapevole, ma c’è ,esiste, fa parte del nostro essere appartenti ad un cosmo senza inizio e senza fine…

Con la magia dei sensi, non c’è bisogno di parole, non ci sono porte da aprire, è un attimo e l’ebbrezza ti trascina via e lei era proprio bella...

Vi diranno che avete un tempo limitato, che dovrete soffrire per guadagnarvelo, che si muore, giovani o vecchi. Ma non è così, è tutta una grande bugia, una gabbia di Nylon che rende visibile ciò che realmente è, senza porò permettervi di toccarlo. Non sentitevi in una di quelle sfere che racchiudono uomini e paesaggi, che fermano gli attimi, e che se capovolte, sentite il freddo e c’è la neve. C’è un tempo che non è tempo, ma che è dentro ognuno di voi. Uscite per le strade, non c’è tempo, e dite che il tempo è ritornato, e rimarrete immortali, sconfiggerete ciò che vogliono voi siate, fermerete il tempo, il vostro tempo, che non è tempo, ma parla del tempo. C’è chi il tempo lo ha insito nel sangue, e ne percorre emozioni e conclusioni anche dopo aver cessato di essere cuore, ma forse non spirito. Ed è il vostro tempo, se sarete veri, e saprete rendere straordinaria la vostra vita.

Siate tempo e il tempo sarà in voi….

12 maggio 2009

Deserto...



Incubi e passioni.

Solitari nelle notti di sabbia e nebbia, nel tentativo di urlare con voce vuota.

Lupi che ululano in deserti purissimi.

Si è soli per scelta, si è soli perché anche quando sei con te stesso, con la tua anima, c’è già troppo rumore, ed il deserto è silenzio ed ammirazione, paura e riflessione; ma..chi sa amarsi non è mai veramente solo, neppure con se stesso.

Si è soli per necessità, per bisogno, ma anche per contrarietà, per troppo amore, infelicità o semplicemente perché capaci di starsene soli con se stessi, senza aver paura di confrontarsi col proprio spirito.

Il deserto è tentazione, pietra che diventa cibo, rischio e vita nascosta. E’ poesia, rosa inaspettata, tempesta di sapere, oasi di conoscenza, miraggio di Verità. Le dune si trasformano con il vento ma il deserto rimane sempre uguale

Siediti, questa è la solitudine, un non-luogo, emisfero della mente dove cresce la coscienza, rimedio alla pazzia…- forse proprio follia.

Siamo infelici perchè non riesciamo a rimanere da solo in una stanza, in silenzio, nel meraviglioso idillio della trasposizione mentale.

Ed allora siediti, siediti su una duna di sabbia. Non si vede nulla, non si sente nulla..tuttavia qualcosa risplende nel silenzio…

Nessuno nel deserto ha paura di morire. Non è una cosa eroica. È il deserto. Il deserto che consuma l'uomo come il fuoco consuma un albero.

Sulle sabbie del deserto come sulle acque degli oceani non è possibile soggiornare, mettere radici, abitare, vivere stabilmente. Nel deserto come nell'oceano bisogna continuamente muoversi, e così lasciare che il vento, il vero padrone di queste immensità, cancelli ogni traccia del nostro passaggio, renda di nuovo le distese d'acqua o di sabbia, vergini e inviolate.

Si poi davvero soli..? Forse si… nei momenti cruciali, negli attimi di vita intensa, nelle verità estreme, con i propri dolori e con le gioie pure.

In tutto realmente si è soli, dal primo gemito al trapasso, ma un cielo color cobalto, sopra le nuvole, in giorno di pioggia..ci farà rincontrare…

10 maggio 2009

Paura...

Brividi, crepe, mistero, agonia, destini… paradigmi irrisolti;

buio, solitudine, Amore e Morte, passato e futuro, esorcismo.

La paura è fatta di tutto ed è fatta di niente; è vuoto e tenebra, maschera ed immaginazione…

Che colore ha la paura? …il giallo di Agata Christie e Edgar Allan Poe, il nero di Stephen King, il rosso di Dario Argento.

La paura non ha storia, anche se è presente nella storia di ogni arte, perché è insita in ogni essere, senza tempo né memoria.

E che odore ha la paura? ..di sangue e violenza in Arancia Mecca, del sudore di un allucinato Jack Nicolson in Shining, dell’olio e della tela in Munch ed il suo urlo.

Tutto questo è la paura nell’arte e nell’ingegno degli uomini che ne hanno scritto, cantato, pensato e colorato i tratti e gli stati d’animo dei nostri meandri più reconditi.

Si pensi a quella angosciosa di Alfred Hictchoc in “Uccelli”, fobia allo stato puro.

Si pensi agli horror show di Marilyn Manson o Ozzy Hosbourne…

C’è chi della paura ha fatto una vera e propria ossessione psicologica. Edgar Allan Poe è maestro fine ed introspettivo, genio incupito, raro scrittore che dall’odore delle pagine ingiallite emana terrore.

Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte…gli incubi più famosi, quelli di Freddy Kruger, alias Nightmare, hanno sconvolto generazioni di bambini, svegli la notte, col lumino acceso per tenersi compagnia..ma dai sogni non si sfugge, neppure con la luce del giorno…

La paura è poesia, con le cinque maledizioni, inno alla lotta eterna fra Bacco e Mefisto:


…voglio perseguire i miei nemici da morto,

scavare l’ossario per trovare l’orto.

Mia dolce dama, raggiungimi all’inferno

e del tuo sangue berremo in eterno

Ebrezza causata da ingente vino,

in lande romane dal sapor divino.

L’uomo…laggiù, qualcosa vuol dirci

le ninfali vesti ci attraggono per rapirci.

Diamoci alla follia, scacciamo Euripide,

che’ l’uomo converta i dogmi e sia felice.

Il rettile striscia e il leone divora

in deserti di rose senza dimora.

Piccolo burattino, amico fraterno,

saremo maledetto in eterno?

Sulle mie spalle un compito gravoso

mentre il cosmo mi scruta sospettoso.

Apri la mente, socchiudi gli occhi

Così da ignorare la danza dei marmocchi.

Siamo in gabbia, c’hanno rinchiusi,

le nostre essenze in schemi ottusi.


E adesso immaginate di essere soli, chiudete gli occhi…accendete solo una candela, e sentitevi in uno dei posti più significativi della storia dell’arte: prendete un bel respiro ed annusate l’aria che vi circonda: siete ad Oslo, città fredda e misteriosa, chiusi ermeticamente in una piccola stanza. Avete solo un modo per scorgere appena ciò che vi circonda. Una voce, fuori campo vi sussurra: “Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto. Sul fiordo neroazzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura”. Accendete adesso…è l’Urlo di Munch, esperienza totalizzante, da perdere il fiato…paura che entra dentro le vene, mettondosi in circolo senza volerlo…

C’è tenzione nell’aria, viole e clavincebali suonano da una romania perduta ed esoterica. Una piuma intinta nell’inchiostra. E’ Braham Stoker, leggenda dei saggi dalla Transivania..creatore di uno dei libri più ben congegnati degli ultimi 200 anni. Come per la Shelley in Frankenstain, Il conte Vlad è opera di un creatore onnisciente, Braham Stoker; è paura progressiva, un rincorrersi di emozioni, sentimenti fiabeschi ma che penetrano realmente nel collo, con denti aguzi, sguardi di Fuoco….

19 aprile 2009

Ritorni(e lamenti) della notte...


Solo i flutti, lontano,

in questa bruna landa incantata;

ed un albero, spoglio,

fra i miei occhi ed il cielo,

in questa notte secolare, sapore d’altra era;

e sabbia umida,

a farmi sentire, immacolato,

il contatto alla terra gelida e informe.

Avverto parole nascoste, poco in là,

pensieri mai sussurrati da labbra inascoltate.

Fingo un timido sguardo,

sviando oltre

e so di vedere me,

come uno specchio altro non è

che il riflesso dell’anima errante,

che teme l’errore ma ipnotizza

il senso del'eterno ritorno .

E seguono sguardi, maschere,

che rendono banale il fuoco intorno;

visi d’innocenza, amore intellettuale,

sacro spirito viandante.

Ed inerme mi riscopro,

al canto delle sirene tentatrici,

come un Ulisse posseduto dalle catene…



29 marzo 2009

Notte...


Volevo accorgermi che fuori trionfava la notte,
e così aprì i battenti per ascoltarne le parole appena pronunciate,
il pathos sussurrato:
-"Se anche cantassi come gli angeli,
ma non amassi il canto,
non faresti altro che rendere sordi gli uomini
alle voci del giorno e alle voci della notte-

E fu così che l'Eros nella notte mi colse;
fu così che persi i sensi e mi ritrovai, appena desto, in una landa magica ed illusoria:
-" Cosa ti eccita? La Morte risposi...e recisi la testa al Serpente!"

La vita è terra dei folli; ed io, Saggio e codardo, volevo viverla in sapienza.
Che sciocco! Ma scoperto l'inganno, di buon servizio,
al mattino ridipinsi i muri della camera ormai opaca.
Mi ci volle l'intera notte e, sedutomi,
stremato, al vento di brughiera, iniziai a leggere:

-"Ma perché parlo ancora dei mortali? Passate in rassegna tutto il cielo, e possa chiunque infamare il mio nome se si troverà un solo Dio non privo di grazia e di pregio che non sia sotto la protezione del mio nume. Infatti, perché Bacco è sempre il chiomato efebo? proprio perché, pazzo ed ebbro, passa tutta la vita in conviti, balli, canti e giochi, e non ha proprio nulla a che fare con Pallade. A tal punto rifugge dal desiderare la fama di sapiente, da compiacersi di un culto fatto di beffe e di scherzi. né trova offensivo quel detto che gli attribuisce il soprannome di fatuo, e che suona: "più pazzo di Morico". E cambiarono il suo nome in Morico perché i contadini, nella loro sfrenata allegria, erano soliti impiastricciare di mosto e di fichi freschi il suo simulacro, che lo ritraeva seduto alle soglie del tempio....."

26 marzo 2009

Luna


S’odono battiti dal campo dell’amore,

mille rintocchi tuonano nell’anima;

con lento passo si dirigono i sognatori

verso ciò che la realtà sottrae.

Danzano di vita i giovani spiriti

e attendono tremando i vecchi;

hanno occhi che versano lacrime di ghiaccio,

chè ancora in Lei scorgono meraviglia.

La notte coglie l’antica Luna calante

mentre si specchia nell’oscura sfera celeste;

e tutto le ricorda il suo dolce amore

inciso sulle stanche rughe della faccia nascosta.

Come il lieve vento del ricordo,

che riveste di poesia l’anime,

dona ancora l’ultima fioca luce

ai suonatori che persistono alla triste morte del meriggio.

E medita,ascolta,piange ed osserva

i teneri amanti al cielo consacrati,

e solo per loro,notte dopo notte,

risale con fatica la scala delle stelle.

Laconicamente


Un blocco iniziale, la paura del brivido,
l'insicurezza scorreva nella mia mente.
Uno sguardo, nessuna parola, una carezza,
la sicurezza ritrovata, Il sorriso fluisce nei miei pensieri.
Il vento tra le mani, Il sole di fronte, l'odore dei campi, scorre nella mente. La strada dritta senza meta, la fiducia dietro le spalle,
la mano tesa di un'aiuto, continua a scorrere per la testa.
Parole sussurrate all'orecchio, il completo affidamento,
il calore della certezza
il completo abbandono,
una risata sfocia nella mia mente.
Cambio di posto, un abbraccio stretto, due mani che si accarezzano,
vibra nella mia testa.

25 marzo 2009

Ritorto...


La schiena ricurva sul tornante di una dorsale d’avorio,
inarca il brivido di una scossa ossuta di anelli brinati.
Fragile torto di rotule e labbra sull’ansimo del ventre
di una tumida preghiera,
lambite dizioni di una conta
retroversa.
Si contorse l’agiato, erto sul rimbalzo di una piumata bianca.
Lenito lo sfarzo.
Si ritorse l’ Adamo sul languore primordiale di una fame eterna;
fiutò la sconfessata merce,
sul podio, il trionfo,
di una brezza corvina di chiome
lustre sulla fronte,
moine di tentacoli avversi,
il groviglio di un pensiero.
Rimbombano le gole, abissi tra le rocce abrase d’argento e dai venti,
volate di chiurli d’aquila, e nell’aria,
la nenia
di un eco commuta il canto inverso di una dannata doglia.


24 marzo 2009

Unici e vostri....



Ho un segreto da confessarvi, avvicinatevi, avvicinatevi! Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino, noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria, sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.

Citando Walt Whitman:

“O me o vita!

Domande come queste mi perseguitano.

Infiniti cortei di infedeli,

città gremite di stolti,

che v’è di nuovo in tutto questo?

O me o vita!

Risposta:

Che tu sei qui,

che la vita esiste e l’identità,

che il potente spettacolo continua

e che tu puoi contribuire con un verso”.

“Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso”.

Quale sarà il tuo verso?”

22 marzo 2009

Respiro


Uno specchio, un volto, forse due.
Un'intimità che sfiora la tragedia del riconoscersi.
Vedo, attraverso il vetro, non i miei occhi, ma i suoi;
gli occhi dell'altro-me-che-mi-osserva.
Sono già diverso da me stesso, anticonforme alla mia maschera.
Ho scelto di non somigliare, non essere uguale neppure all'altro me.
Nel mondo del pascolo, il gregge è lì a scrutare i tuoi passi,
a prevedere le tue mosse, ad imitare i tuoi gesti.
Bere allo stesso modo, tenere la sigaretta accesa sulla destra in maniera conforme,
un taglio di capelli, un cappello, lo stesso abito di tanti,
per dire che forse, in fondo non si è più soli: avere(in somiglianza) più che essere, nei meravigliosi cavilli delle pure solitudini....
Mi giro, e vedo me, - non Io!
E neppure un sosia mi pare, solo un manichino,
un soldatino di fango che indossa l'uniforme della fangosa guerre della consuetudine.
Provo nervosamente a numerare i respiri, anch'essi uguali nell'avvicendamento.
Mi innervosisce un po’.

Prova a farci caso.
Conta i respiri: ad un certo punto, anche quando vuoi smettere non puoi;
il petto si amplifica più del dovuto, aumentano i toni asmatici, la paranoia del ripetuto;
è tutto così uguale, un'ansia continua e ciclica;
e più vuoi non contare, più muori dal desiderio di farlo,
quasi perdessi un'occasione d'oro,
quasi ti sfuggisse anche un solo involontario respiro...e tu sai che non puoi permettertelo.
Meglio uscire, come tanti, come ogni giorno,
piuttosto che subire le angherie della tana,
che hai trasformato sempre più in una grotta per evitare i lupi.
Ma è nella solitudine, non fisica, ma pura,
che scopri che in realtà, l'altro te non c'è mai stato,
che lo specchio non esiste e che forse, non hai mai neppure iniziato a respirare....


Incipit...libera-Mente


Nasce così, spontaneamente, per caso, questo infinitesimamente piccolo spazio, un non-luogo di amore e memoria, dal sapore di epoche lontane, per chi, come Noi, ha voglia di animare il mondo a colpi di poesia....
proviamo a scriverle, a pubblicarle, a comporle insieme;
siano esse leggere, impegnate, d'Amore o di rigetto, purchè Poesia parli...
In ogni era, in ogni mondo, uno dei tanti microcosmi possibili...parole e cose possono cambiare il mondo e forbirlo di un significato unico ed essenziale....
E allora partiamo, in questo viaggio senza ritorno verso cammini inesplorati, meandri della mente da scoprire, dove il pensiero e l'arte possano inerpicarsi liberamente....